“Lo dicevo io che era un santo!” sono le parole del vescovo Geremia Bonomelli, vescovo contemporaneo a don Francesco, colui che ha allargato le braccia per accogliere, in un momento particolarmente delicato, idee, ispirazioni e la grazia che inabitava il cuore di don Francesco in quel lontano 1889. «Ora lo dice la Chiesa, e lo dobbiamo dire tutti – ha affermato mons. Napolioni prendendo spunto dal suo predecessore all’inizio dell’omelia della Messa di ringraziamento-, perché ne venga segnata la nostra vita, che non può uscire indenne dall’incontro coi Santi di Dio. Con un Santo così nostro, soprattutto per le sue Figlie Adoratrici».
E’ per questo motivo che nella mattinata di lunedì 15 ottobre a S. Maria Maggiore, dove don Francesco Spinelli, da sacerdote novello, ebbe l’intuizione di dar vita alla nostra Famiglia religiosa, abbiamo scelto di concludere con una celebrazione eucaristica il nostro pellegrinaggio a Roma. La prima cosa infatti che i santi ci insegnano è proprio la gratitudine, la capacità a coltivare un cuore che sa riconoscere e rendere lode al Signore per quanto va compiendo nella storia. Un grazie grande quanto la Chiesa per il pane buono della carità e dell’accoglienza che ancora riceviamo dalle mani di San Francesco Spinelli. Quel pane che è Gesù stesso, un pane che dà la vita eterna e che è Esso stesso rendimento di grazie.
Accanto al “grazie” del vescovo Antonio Napolioni, non poteva mancare anche il ringraziamento ufficiale di madre Isabella, che ha rivolto alcune parole finali rivolgendo un pensiero per le religiose anziane e ammalate che hanno seguito il grande evento romano in comunione spirituale.
E…, prima di lasciare la basilica, anche tutti i pellegrini hanno espresso la loro gratitudine sostando in preghiera davanti a quelle che la tradizione vuole siano le reliquie della culla di Betlemme, consci che san Francesco Spinelli oggi non sia più solo delle Adoratrici, di Rivolta d’Adda e della Diocesi di Cremona, ma dell’intera Chiesa.