6 Febbraio 2023
“Prepara con umile slancio di fede il tuo cuore!” (LS 265)
Una festa va preparata, il cuore per la festa anche. C’è la gioia frizzante del momento, ma quella più profonda, quella che abita il cuore, quella va preparata. È ciò che per grazia abbiamo cercato di vivere in questi giorni di preparazione al 6 febbraio, dies natalis di San Francesco Spinelli.
Sembra essere LA LUCE che ci ha guidati in questi giorni di preparazione. 2 febbraio, festa della presentazione del Signore, festa della vita consacrata. Quella luce che è salvezza per il vecchio Simeone ed è salvezza riconoscibile per ciascuno di noi. Il 3 febbraio abbiamo vissuto una giornata penitenziale, la luce del perdono, la grazia che lava via lo sporco del peccato e permette al cuore di tornare a battere al ritmo della misericordia e non delle tenebre. 4 febbraio giornata mariana: la luce dell’annuncio, di un grembo accogliente, di un sì che dice ai nostri sì che sono possibili e che è il Signore che porta a compimento le cose grandi che semina nelle nostre vite… Maria, prima adoratrice del verbo, ci ha accompagnati dalle prime luci del mattino, nella la preghiera del rosario, fino a sera, davanti a suo figlio riuniti in adorazione, davanti a questo mistero immenso di amore, davanti al Pane della vita. Pane spezzato per amore che riempie gli occhi e il cuore di meraviglia e allora, come San Francesco, non si può fare altro che cadere in ginocchio davanti a questo cibo di vita eterna e stare lì, in adorazione, “per la vita del mondo”. 5 febbraio giornata eucaristica, V domenica del tempo ordinario in cui ci siamo lasciati ripetere “voi siete la luce del mondo, voi siete il sale della terra”. La luce, così trasparente, così umile, così necessaria… forse i santi sono un po’ questo, San Francesco spinelli è stato questo, è questo: luce per la Luce. Un delicato faro per ciascuno di noi, per ognuna delle sue suore, per i sacerdoti che tanto aveva a cuore, per i suoi prediletti, per chiunque lo incontri… una vita che illumina le nostre e getta ancora luce sul nostro cammino, ci indica la strada da seguire per la vita eterna: l’Eucarestia, la Parola, spezzarsi per amore come quel Pane verso chiunque. È testimone credibile di questo, l’ha vissuto “fino alla fine”, fino a quel 6 febbraio del 1913. E oggi 6 febbraio 2023, dopo 110 anni, anche noi facciamo memoria di quel giorno, di questo semplice e santo sacerdote.
La giornata del 6 febbraio è iniziata con la preghiera corale delle lodi e una prima messa gremita di rivoltani. Don Michele Martinelli nella sua omelia ci ha ricordato che come san Francesco, ”anche noi siamo cercatori di felicità” e che lui è stato ed è “servitore della vera gioia”. Quasi in contemporanea nella chiesa di Santa Maria don Cesare Nisoli ha sottolineato come la nostra vita sia un cammino, un cammino che San Francesco ha fatto a passi di perdono perché “non ci fu mai nel suo cuore nessun desiderio di rivalsa”. Alle 12, dopo la recita comunitaria dell’ora media, davanti al sacello, è stato il momento delle campane a festa che, ci ha ricordato Madre Isabella “ci ricordano che la santità non è personale o di un istituto, ma della chiesa, è universale”. Con la lettura del testamento spirituale è continuata la festa, la preghiera, la richiesta di intercessione. Nel pomeriggio insieme alle suore Sacramentine abbiamo vissuto un momento di preghiera e di fraternità. La santità è di tutti, unisce nel desiderio di camminare insieme in questa vocazione alla santità a cui siamo chiamati tutti e ciascuno “per un tratto di speciale amore”. Più tardi abbiamo pregato i vespri con le sorelle di Santa Maria, presieduti dal vescovo Antonio Napolioni che poi, circondato da uno stuolo di altri sacerdoti ha celebrato l’Eucarestia nella chiesa di Casa Madre.
Madre Isabella nei ringraziamenti all’inizio della celebrazione ha visto in questo nostro riunirci così numerosi, nella gioia di questa celebrazione, il fatto che “i santi scolpiscono qualcosa di Dio nella nostra vita”. “Scolpisci tutto te stesso nel mio cuore per renderlo simile al tuo nel tempo e nell’eternità” supplicava San Francesco. Forse è successo, sta succedendo e continuerà a succedere questo e ne facciamo esperienza come comunità, come Chiesa.
Il vescovo Antonio nella sua omelia ha parlato del rischio che la cultura della morte diventi nostra e di come invece il Signore, quando gli consegniamo la nostra vita nelle mani, ci capovolga il cuore, ci converta, così ha fatto con Elia. Ha sottolineato come lo stile di San Francesco è impregnato della passione per il bello, della benevolenza, quel bello che fa crescere e fa fare esperienza di una vita nuova. È questa “umanizzazione della chiesa” da imparare continuamente. Ci ha fatto notare che, nel Vangelo, Giovanni canta almeno nove volte il Dio della vita. La vita eterna che “non è una prolunga temporale della fatica di stare quaggiù ma è esplosione di quei semi di bellezza e di santità nascosti nella carne umana”. “Ci è chiesto di osare seguire i santi anche quando il cammino si fa impegnativo perché lì tutto ridiventa possibile”.
Grazie San Francesco, grazie perché sei un testimone credibile del Signore. Tanti tantissimi son passati a trovarti anche solo per un saluto, chi con gratitudine ti ha portato un fiore, chi ti ha affidato le proprie sofferenze più grandi… con la tua vita davvero ci dici che col Signore si può vivere tutto e viverlo trasformati dalla sua vita in noi. E forse passare a trovarti, chiederti di intercedere per noi, ringraziarti è speciale perché ci ricordi che davvero “la nostra vita è tutta in cielo e di cielo” già qui, su questa terra, nutriti dal pane disceso dal cielo.