Quando ci vengono poste domande circa la nostra fede, dobbiamo riconoscere che, almeno nella maggior parte dei casi, ciò che ci salta subito in mente è quanto riguarda il nostro rapporto personale con Dio e il nostro modo di pregare, quella sfera che possiamo definire “la nostra vita spirituale”.
Nel dire di qualcuno che ha una fede salda, molto spesso ci viene da immaginare una persona che passi ore in preghiera, o quantomeno che sia costantemente rivolta a Dio, in ogni momento della giornata; oppure immaginiamo uno capace di “spostare le montagne”, come del resto anche il Vangelo ci dice, o che sappia vedere in ogni cosa una traccia di Eterno. Certo queste cose non sono affatto da negare, né tanto meno sono idee da cui dobbiamo ripulire il nostro immaginario legato alla categoria fede. Tali aspetti occupano un posto non poco importante, ma ciò che non dobbiamo dimenticare è che descrivono solo in parte qualcosa di molto più ampio. La stessa attenzione merita di essere riservata a tutto ciò che di più ordinario ci aiuta a rendere la nostra fede qualcosa di concretamente visibile. Se volessimo usare l’espressione che troviamo nella lettera di San Giacomo dovremmo dire: “Mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.” (Gc 2, 18) Di tale concretezza e manifestazioni di fede – certo grande e che ne plasmava il cuore – è piena la vita del Beato Francesco.
Egli non solo era attento a custodire e alimentare la propria vita spirituale attraverso la preghiera e la contemplazione – a questo proposito di lui si dice: “Zelò il massimo culto che poteva verso il SS. Sacramento” (Rev. Agostino Desirelli) e ancora: “Nel celebrare la S. Messa metteva tanta devozione che tutti, e ne ho uditi moltissimi, restavano edificati” (Rev. Francesco Sommariva) – ma nemmeno si lasciava sfuggire una qualche occasione perché ciò che lo animava si traducesse in testimonianza visibile. Di lui possiamo dire che fosse estremamente accorto e che vigilasse attentamente perché lo stesso rispetto che nutriva nei confronti del Signore, si riversasse anche su quelle mediazioni umane che Dio aveva suscitato e donato come guida al suo popolo – “Era devotissimo alla Chiesa e al Papa di cui parlava spesso con grande fervore ringraziando ed invitando a ringraziare d’essere nati nella Chiesa Cattolica e voleva che le sue Suore inculcassero questi sentimenti alla gioventù che educavano.” (Suor Giuseppina Pasta) – e non lasciava mai correre nessuna opportunità di trasmettere lui stesso questa fede anche agli ultimi. Da ciò possiamo facilmente comprendere perché si spendesse con tanta cura nell’ insegnamento catechistico ai più giovani, nel quale era sostenuto da un’estrema facilità nel conquistare i loro cuori:
“L’istruzione catechistica e l’educazione dei fanciulli e delle fanciulle furono sempre l’ideale specialissimo del Servo di Dio. […] Il Servo di Dio teneva per sé i più ignoranti e i più discoli e spingeva noi preti novelli a questo apostolato correggendoci qualche volta anche con severità. Voleva che quante suore e quanti locali abbisognassero, tanti se ne occupassero.” Rev. Francesco Sommariva
Tanto altro potrebbe essere ancora portato a testimonianza della grande fede che animava il Beato, ma forse è sufficiente ricordare che solo l’abbandono totale e pieno in Dio gli ha permesso di essere oggi in cammino verso il riconoscimento, ormai certo, della Santità.