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Federica ci racconta l’esperienza “Giovani e Vescovi”

“Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire. È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare.” (Papa Francesco per il 50esimo anniversario di istituzione del sinodo dei vescovi, 2015)

Un ascolto reciproco: questa l’espressione che trasversalmente si rincorreva tra gli archi del chiostro del centro pastorale milanese al termine di una giornata di confronto tra 200 giovani dalle diocesi lombarde e i rispettivi vescovi. Dialogo non scontato e in un contesto inedito: un duomo di Milano trasformato in open space, con i 14 tavoli delle discussioni tematiche a spezzare il ritmo delle severe colonne gotiche. Seduti attorno ad ogni tavolo una dozzina di giovani, un vescovo, un moderatore e un segretario, tutti con diritto di parola e di replica, tutti con responsabilità di rappresentare altri giovani, per dare gambe all’intento originale del convegno: individuare tracce concrete per un rinnovamento delle linee di pastorale giovanile, raccogliendo gli spunti dell’esortazione post sinodale Christus Vivit (2018). Intenzione ambiziosa quanto esposta alle mille sfumature dello scetticismo che sa imperversare in ogni ambiente, Chiesa non esclusa, quando il profumo di cose nuove sembra sollevarsi e azzardare la sfida al già visto.

L’invocazione allo Spirito, eterno suggeritore di cose nuove, apre il dibattito, polarizzato attorno a cinque linee fondamentali: vocazione e lavoro, affetti e dono di sé, i riti, ecologia, intercultura. Espressioni che nascondono una molteplicità di mondi, di domande, di realtà umane desiderose di lasciarsi incontrare da una Chiesa di cui, si dice, i giovani hanno smarrito il volto. Eppure è proprio questo il tratto che emerge con più irruenza fra le righe degli interventi dei giovani: nella fase preliminare al tavolo di confronto, infatti, chiamati a confrontarci su tali temi con altri giovani per poterne rappresentare un campione più ampio, abbiamo scoperto con stupore il desiderio forte di avere voce per dire, persino gridare, alla Chiesa le sue mancanze di attenzione, di comprensione, di considerazione. Voci anche provocatorie alzate per abbattere il senso di indifferenza attribuito al mondo giovanile nei confronti della Chiesa.

Di fronte alle voci dei giovani, l’ascolto profondo dei vescovi, intenti a prendere appunti, per tutta mattina, a ribattere non per distruggere idee troppo diverse dal “si è sempre fatto così”, ma per purificarne le trame, nella prospettiva di intessere qualcosa di nuovo partendo dai fili delle domande vitali dei giovani…

…perché la Chiesa non si fa voce delle povertà dei giovani ai tavoli delle istituzioni?
…perché l’etica in ambito finanziario non è ancora fra le scelte prioritarie per l’affidamento dei beni ecclesiastici?
…perché la cura dell’ambiente è lasciata a vessillo dei manifestanti del venerdì e non diventa prassi comune, sulla spinta di Laudato si’?
…perché non cercare un confronto vero, anche destabilizzante, con il mondo non cristiano?
…perché gli stranieri sono sempre gli altri?
…perché nessuno sa farsi carico in modo credibile della precarietà, cifra del giovane contemporaneo?
…perché in diversi contesti il giudizio precede spesso l’accoglienza?
…perché non si accompagnano i fidanzati con la stessa attenzione riservata a chi sta discernendo una vocazione al sacerdozio o alla consacrazione?
…perché ci sono domande afferenti alla sfera affettiva che nelle aule dei percorsi di catechesi restano tabù?
…perché non c’è spazio nei progetti pastorali per chi non è più universitario ma non ha ancora la possibilità di frequentare i percorsi per le famiglie?…

A turno, con preparazione e senza peli sulla lingua, riflessioni su riflessioni si sono addensate sui taccuini dei vescovi e fra le registrazioni dei lavori, che sfoceranno in Atti ufficiali, svelando prospettive sconosciute o solo immaginate, tendendo mani, costruendo ponti fra mondi percepiti a distanza. Su ogni parola, il peso delle aspettative grandi e belle di quelle decine di giovani che ciascuno di noi aveva coinvolto e che a questo incontro aveva assegnato un’importanza di gran lunga maggiore di quanto ci aspettassimo proponendolo. Incastonata in ogni frase, la profondità di giorni di confronti, rielaborazioni, ricerche, approfondimenti, riflessioni: uno spessore che ha stupito i vescovi e arricchito, nell’ascolto reciproco, ciascuno di noi.

Concretamente questo incontro e il suo percorso preparatorio hanno insegnato una modalità di lavoro efficace e sinodale: interpellati i 200 referenti dei giovani su una tematica specifica attraverso tre domande puntuali, ci è stato chiesto di ascoltare altri giovani al fine di redigere una risposta sintetica per ciascuna delle questioni, che siamo stati chiamati a riferire al tavolo con i vescovi. La domanda guida essenziale, per tutti gli ambiti, dopo alcune incursioni a capire il panorama che vivono i giovani del 2021: “Quali passi concreti ritieni che la Chiesa lombarda possa o debba compiere per accompagnare il cammino di un giovane su questo tema?”. Pragmatismo e capacità di visione sintetica e non superficiale sono state le caratteristiche riscontrabili in ognuno degli interventi riportati al tavolo, nella volontà di trovare insieme la strada per accordare la pastorale giovanile (espressione quanto mai semplicistica) alle esigenze e domande di un contesto storico attraversato da un cambiamento epocale.

Un solo “perché”, fra tutti, è rimasto sulle corde fino alla fine, fino a oltre la discussione: si è impigliato tra le poltroncine dell’auditorium aggrappandosi alle croci pettorali dei vescovi, ha superato di slancio le parole in chiusura di mons. Gervasoni (vescovo di Vigevano, delegato per la Pastorale giovanile), si è lasciato sballottare tra una risata e un applauso fino a oltre il monologo di Giacomo Poretti (“Fare un’anima”). Era un “perché” in tono retto come fosse già un’affermazione, e non più una domanda:

…perché la Chiesa è ancora un interlocutore credibile per i giovani.

Svuotato dell’inflessione tonica del punto interrogativo, questo “perché” si è fatto forte delle sicurezze acquisite, e senza farsi scoprire dai giornalisti appostati tra i marmi ha rilanciato l’evento occasionale in richiesta di cammino, ancora insieme e con ancora maggior fiducia, per concretizzare le tante proposte emerse e trovare le modalità di farsi carico delle questioni vitali sfiorate. Saranno probabilmente incontri a livello diocesano, saranno forse altri eventi ecclesiali inediti dai nomi evocativi e altamente significativi (a sfidare gli scettici ci si prende gusto); saranno certamente a livello personale passi ri-intrecciati, nelle pieghe piccole della storia, tra giovane e giovane, con nuove domande e forse qualche certezza in più: quella soprattutto di una Chiesa che vuole ascoltare, salda nella propria Bellezza autentica, giovane nel desiderio di reimparare a scoprirla, evidenziarla, sceglierla, comunicarla.

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